Conte annuncia la proroga dello stato d’emergenza, il centrodestra insorge

Come già avvenuto a luglio, quando il Governo decise di prorogare fino al 15 ottobre lo stato di emergenza da Covid-19, anche il nuovo annuncio del premier Giuseppe Conte di un'ulteriore proroga fino al 31 gennaio del 2021 provoca la dura reazione del centrodestra. “Ieri c’è stato un Consiglio dei ministri con un aggiornamento informativo e sul punto c’è stata una discussione. Allo stato la situazione continua ad essere critica, per quanto la curva dei contagi sia sotto controllo, ma la situazione richiede la massima attenzione dello Stato e dei cittadini. Perciò abbiamo convenuto che andremo in Parlamento a proporre la proroga dello stato di emergenza fino alla fine di gennaio 2021”, ha annunciato il premier Conte, garantendo che saranno le Camere a decidere. La settimana prossima, il ministro della Salute Roberto Speranza illustrerà alla Camera e al Senato la situazione (e i contenuti del nuovo Dpcm), quindi seguiranno i voti sulle risoluzioni. “Sulla proroga dello stato di emergenza discuteremo in Parlamento molto presto come è giusto che sia. Io sono sempre per la linea della massima prudenza e ho sempre mantenuto questa impostazione ma credo che sia corretto che ne discuta il Parlamento e che se ne discuta nel Governo perché in una grande democrazia si fa così”. L'annuncio viene accolto positivamente dal neo rieletto governatore della Liguria Giovanni Toti, che però puntualizza: “Se si tratta di una proroga tecnica che ci consente di usare strumenti legislativi e amministrativi, di gestire gli investimenti, semplificare le modalità di spesa e di assunzione del personale, direi che è più che opportuna”.  

Per Forza Italia “la proroga dello stato di emergenza non può essere una decisione di routine. Il Parlamento deve essere centrale ed ogni scelta che riguarda la salute degli italiani deve essere presa coinvolgendo tutte le forze politiche” scrive su twitter Antonio Tajani. “No al Mes ma sì alla proroga dell'emergenza? Così non va”, osserva l'azzurro Renato Brunetta, che spiega: “Se prolungare lo stato di emergenza significa limitare la libertà di cittadini, imprese, la mobilità, libertà fondamentali che incidono su quelle costituzionali, è una decisione che non si può prendere dall'oggi al domani”. Durissima Giorgia Meloni: “Il Governo più opaco e meno trasparente della storia vorrebbe prorogare lo stato d'emergenza, non vuole che gli italiani vengano a conoscenza delle decisioni del comitato tecnico scientifico e non fornisce alcuno studio serio e certificato per giustificare la proroga di un provvedimento altamente impattante per gli italiani e per l'economia nazionale”, afferma la leader di FdI, che avverte: “Se la situazione è grave allora gli italiani devono essere allertati. Reputerei gravissimo, invece, se questa fosse solo l'ennesima trovata del Governo per tenere sotto scacco l'Italia e continuare a coprire i litigi tra Pd e M5S”. Per Matteo Salvini, Conte “venga in Parlamento e racconti, non sui giornali. Ci spieghi quello che vuole fare. Noi non sappiamo nulla. Non c’è un confronto sulle tasse, sulle pensioni. Nulla, scappano e litigano”. 

Zingaretti rilancia le riforme costituzionali e presenta la proposta del PD

Davanti ai distinguo e agli stop degli alleati sul fronte riforme, Nicola Zingaretti batte un colpo: serve una visione di Paese, con quattro idee diverse non si va avanti. A far scattare il segretario Pd è stata la frenata dei Cinque Stelle sul pacchetto di riforme presentato dai vertici del Nazareno, il cui cuore è il superamento del bicameralismo paritario accolto però dai Cinque Stelle come una fuga in avanti: le riforme vanno condivise, no agli annunci di parte, è l’altolà lanciato dal capogruppo pentastellato Davide Crippa. I renziani sono invece pronti a sedersi a un tavolo allargato alle opposizioni, purché il nuovo assetto costituzionale, a partire dalla sfiducia costruttiva, abbia la priorità rispetto alla legge elettorale. Sul modello proporzionale è caduto anche l'ultimo sbarramento di Italia viva, ma nuove tensioni si registrano invece sulla soglia di sbarramento e le preferenze; il Pd che avverte gli alleati: lo sbarramento al 5% non è in discussione, parole categoriche che fanno insorgere Leu, da sempre schierata a favore di una soglia più bassa: “Il Pd ha una strana idea di condivisione”, osserva Nicola Fratoianni. I renziani, invece, sposano l'idea di un ritorno alle preferenze, fortemente voluto dai pentastellati. 

I dem, al contrario, preferirebbero il Provincellum, come spiega il segretario che però precisa essere questa una posizione personale e non del partito. Di fronte a queste difficoltà Zingaretti non esita a evocare il più cupo degli scenari, la fine del Governo: “Io non credo che la maggioranza di governo possa andare avanti solo perché c’è il Presidente della Repubblica da eleggere. Non possiamo governare insieme con quattro idee diverse di Paese”. Con il pacchetto di riforme presentato al Nazareno, d'altra parte, i dem hanno giocato il loro hall-in, consapevoli di essere, dopo le regionali, la forza motrice della maggioranza. Il Partito Democratico, insomma, “si assume la responsabilità di avviare un nuovo fronte riformatore” e dopo la vittoria del SI’ al referendum confermativo sulla riduzione del numero dei parlamentari apre il capitolo del superamento del bicameralismo paritario e della sfiducia costruttiva. “Vogliamo rendere più efficace ed efficiente la macchina dello Stato”, dice Nicola Zingaretti presentando con i vertici del partito il testo della proposta di legge di riforma costituzionale. Con le altre forze di maggioranza inizierà presto un confronto; Forza Italia ha già espresso la sua disponibilità mentre da Matteo Salvini e Giorgia Meloni non è arrivata una chiusura, ha sottolineato il segretario dem. 

Di Battista: Rischiamo di diventare Udeur. Intanto spunta bozza anti-Rousseau

Per il M5S, reduce dalla batosta alle Regionali e ancora in cerca di una nuova leadership collegiale, è un'altra giornata di passione, l'ennesima turbolenza quotidiana. Questa volta è Alessandro Di Battista a far alzare la tensione: “Così facendo penso che si andrà verso una direzione di indebolimento del M5S e diventerà magari un partito come l'Udeur buono forse più per la gestione di poltrone e di carriere”, dice a Piazzapulita su La7. “Non è quello per il quale io ho combattuto”, rintuzza, etichettando l'alleanza strutturale con il Pd come “la morte nera”, con un riferimento a Star Wars. “Ci sono persone, come Nicola Morra, che sono state sempre contrarie al capo politico. Altre persone in questo momento spingono per la leadership collegiale perché c'è il pericolo che possa diventare io, questa è la verità”. Immediata la replica di Roberta Lombardi: “Devo dire che la cosa dell'Udeur m'ha un po' scioccato. Molte delle cose che dice Alessandro sono legittime e condivisibili ma c'è un momento in cui bisogna fare uno scatto di crescita e bisogna chiedersi cosa si vuole fare da grandi: essere alternativi a tutti i partiti e forse non vincere sempre o fare una buona opposizione? Queste amministrative sono andate peggio delle altre e lo abbiamo ammesso tutti ma perché in questi anni molto del lavoro fatto nei palazzi non è seguito da una filiera sul territorio, abbiamo impoverito i nostri gruppi locali. Quando prendi decisioni nel palazzo deve avere connessioni che quei progetti li concretizzano nella vita quotidiana. Questa è un'intervista per dare uno stimolo ma molto autoreferenziale, com'è nello stile di Alessandro”.

Intanto tra i pentastellati le tensioni con Davide Casaleggio appaiono sempre più forti. Infatti, secondo una bozza fatta avere ai deputati, potrebbe cambiare lo statuto del M5S alla Camera e sparirebbe il riferimento a Rousseau. La novità sta principalmente nell'art.2: “Il Gruppo individua come strumenti ufficiali per la divulgazione delle informazioni i canali del Movimento 5 Stelle e altri che riterrà di adottare con propria delibera assembleare con maggioranza assoluta. Altresì il gruppo potrà utilizzare gli stessi canali sopraindicati per la condivisione delle indicazioni politiche e i contributi partecipativi dei cittadini”. La replica dell’associazione arriva a stretto giro: “In molti continuano a pensare che Rousseau sia uno strumento, ma non è così. Rousseau è un ecosistema, è l'ecologia del Movimento 5 Stelle, è un grande laboratorio di design civico dove si mettono in pratica le forme di cittadinanza digitale, si collabora in modo aperto per la sua crescita e si sperimenta un’idea di governance che ha il suo organo collegiale nell'assemblea dei cittadini”. “Apprendiamo dagli organi di stampa che un non meglio definito gruppo di esperti informatici è intenzionato a rilasciare in data 2 ottobre un software open source denominato Open Rousseau che punterebbe a sostituire l'attuale piattaforma Rousseau”.

Il deputato Carè lascia Italia Viva e torna nel PD

Dopo settimane di tentennamenti il deputato Nicola Carè annuncia: “Lascio Renzi e torno nel Pd per dare forza alle idee riformiste. La strada intrapresa non era quella giusta. Penso che non sia più il tempo di percorsi velleitari e di chiudersi dentro recinti sempre più stretti e che occorra, per me, avere la sincerità di riconoscere che la strada intrapresa da Italia Viva non sia quella che io avevo immaginato. Non rinnego nulla di quanto fatto durante questi mesi ma l'ambizione di costruire un'altra forza politica capace di dare rappresentanza a un mondo moderato evidentemente non è stata condivisa da un elettorato che, come ci racconta anche il voto nelle regioni, è refrattario a frammentazioni. Torno nel Pd per l'esigenza che sento di fare politica in una comunità plurale, in cui sia possibile avere luoghi di confronto e di condivisione che solo il Pd è attualmente in grado di garantire”. Immediata la reazione del capogruppo democratico alla Camera Graziano Delrio: “Diamo il benvenuto con piacere a Nicola Carè che torna nel gruppo del Partito Democratico, per il quale era stato eletto. Sono felice perché potrà continuare quel lavoro appassionato e proficuo che ha sempre svolto e che gli hanno chiesto i suoi elettori”.  



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