Tensione nel Governo Draghi sui sottosegretari, ma arriva l'ok alle nomine

I veti incrociati e il pressing dei partiti della maggioranza hanno complicato fino all'ultimo la nomina dei sottosegretari che, comunque, alla fine è stata chiusa, con un Consiglio dei ministri non privo di tensioni, tanto che a un certo punto è stata sospeso, addirittura con l'ipotesi di uno slittamento di un giorno. Poi, finalmente, la chiusura del cerchio; la squadra è composta da 39 sottosegretari, quasi tutti politici: 11 del Movimento 5 stelle, 9 della Lega, 6 del Pd, 6 di FI, 2 di Iv, uno di Leu, uno di Noi con l'Italia, uno di +Europa, uno di Centro democratico. Fra i tecnici, spicca il nome di Franco Gabrielli, che lascia il posto di Capo della Polizia per diventare la nuova Autorità delegata ai servizi segreti; fra le scelte meno facili, quella del leghista Nicola Molteni agli Interni, che ha creato malumori fra i parlamentari del Pd visto che era sottosegretario di Salvini ai tempi dei decreti sicurezza. Come richiesto, è nutrita la compagine femminile: quasi la metà, 19, sono donne. Anche lo sport resta uno dei nodi da sciogliere: la delega, viene spiegato, sarà assegnata successivamente; dovrebbe andare a un tecnico, si fa il nome dell'ex schermitrice Diana Bianchedi. L'accelerata sulla squadra arrivata in giornata, quando il presidente del consiglio Mario Draghi nel pomeriggio modifica l'ordine del giorno di un Consiglio dei ministri già convocato per inserire la decisione sui sottosegretari. La lista, limata a Palazzo Chigi a partire dalle rose di nomi presentate dai partiti, viene resa nota solo all'ultimo, ma non tutto quadra: in Cdm emergono dubbi su alcuni nomi e caselle, la riunione viene sospesa per trovare una sintesi. Riuniti attorno a un tavolo a Palazzo Chigi, i Ministri cercano di trovare la sintesi di un lavoro che va avanti ormai da giorni, fra le attese dei partiti, le aspirazioni dei singoli, la necessità di mantenere gli equilibri. Trapelano dei rumors.  

La lista alla fine vede come sottosegretari alla presidenza del Consiglio Deborah Bergamini (FI) e Simona Malpezzi (Pd) ai rapporti con il Parlamento, Dalila Nesci (M5S) al Sud e coesione territoriale, Assuntela Messina (PD) all’innovazione tecnologica e transizione digitale, Vincenzo Amendola (Pd) agli affari europei), Giuseppe Moles (Fi) all’informazione ed editoria, Bruno Tabacci (CD) al coordinamento della politica economica; Franco Gabrielli avrà la delega ai servizi. Al ministero degli Esteri, Marina Sereni (PD) sarà viceministro e Manlio Di Stefano (M5S) e Benedetto Della Vedova (+EU) saranno sottosegretari. All'Interno i sottosegretari sono Nicola Molteni (Lega), Ivan Scalfarotto (IV) e Carlo Sibilia (M5S). Alla Giustizia vanno Anna Macina (M5S) e Francesco Paolo Sisto (FI). Alla difesa Giorgio Mulè (FI) e Stefania Pucciarelli (Lega). Al Mef andranno Laura Castelli (M5S), confermata viceministro, Claudio Durigon (Lega), Maria Cecilia Guerra (LeU), Alessandra Sartore (Pd). Allo Sviluppo economico Gilberto Pichetto Fratin (FI) e Alessandra Todde (M5S) saranno viceministri, mentre Anna Ascani (Pd) sottosegretaria. Alle Politiche agricole alimentari e forestali ci sono Francesco Battistoni (FI) e Gian Marco Centinaio (Lega). Al nuovo ministero per la Transizione ecologica vanno Ilaria Fontana (M5S) e Vannia Gava (Lega). Alle Infrastrutture e trasporti Teresa Bellanova (IV) e Alessandro Morelli (Lega) saranno viceministri e Giancarlo Cancelleri sarà sottosegretario. Rossella Accoto (M5S) e Tiziana Nisini (Lega) vanno al Lavoro e politiche sociali. Sottosegretari al ministero dell'Istruzione sono Barbara Floridia (M5S) e Rossano Sasso (Lega). Alla Cultura va Lucia Borgonzoni (Lega), mentre alla Salute Pierpaolo Sileri (M5S) e Andrea Costa (Ncl). (Scarica lo speciale Nomos)

Il Governo non allenta le misure. Il nuovo Dpcm varrà fino a Pasqua

La variante inglese, a maggior diffusione, sarà presto prevalente, l'Rt si appresta a superare la soglia 1, le terapie intensive in 5 regioni sono sopra la soglia critica del 30%: con questi dati, “non ci sono le condizioni per allentare le misure di contrasto alla pandemia” dice chiaramente il Ministro della Salute in Parlamento. E il nuovo Dpcm che entrerà in vigore dal 6 marzo coprirà anche le vacanze di Pasqua, fino a martedì 6 aprile. È netto Roberto Speranza nel ribadire al Parlamento la linea della prudenza, in continuità col Conte 2. Per una definizione del Dpcm si attendono i dati del monitoraggio settimanale di domani e il premier Mario Draghi tesse la sua tela europea in vista del Consiglio straordinario di oggi e domani. I numeri delle ultime 24 ore indicano un nuovo balzo dei positivi: sono 16.424 contro i 13.314 del giorno precedente; calano le vittime, 318 contro 356, mentre il tasso di positività sale al 4,8% (+0,4%) e i malati intubati sono 11 in più. Il bresciano ieri ha fatto segnare il picco di contagi, con 901 casi. Altri Comuni entrano in zona rossa e l'Alto Adige estende fino al 14 marzo il lockdown duro. Speranza offre una prospettiva positiva: si vede “finalmente la luce in fondo al tunnel”: il Covid, grazie alla progressione della campagna vaccinale, “può essere arginato” ma, avverte, “in questo ultimo miglio non possiamo assolutamente abbassare la guardia. Non ci sono oggi le condizioni epidemiologiche per allentare le misure di contrasto”. 

Sottovalutare i rischi, dice il Ministro, porterebbe a “una nuova diffusione incontrollata del contagio, che metterebbe nuovamente in crisi i nostri ospedali e renderebbe più difficile la nostra campagna di vaccinazione”. Ecco perché, osserva, “sarebbe un grave errore se all'improvviso, senza una chiara evidenza scientifica”, ci fosse un cedimento delle misure adottate. La strada è invece quella di continuare a differenziare le misure sul piano regionale, agendo in modo proporzionale alla situazione di contagio di ciascun territorio: strategia che “ci ha permesso finora di non ricorrere ad altri lockdown generalizzati”. L'emergere delle varianti condizionerà la campagna vaccinale e dunque vanno tenute sotto controllo. Proprio negli ultimi giorni è stata segnalata, da parte di cinque Regioni la necessità di 25 zone rosse per contenere focolai; si tratta, evidenzia Speranza, di “misure restrittive indispensabili”, pur nella consapevolezza che comporteranno sacrifici. In proposito il titolare della Salute ha assicurato che il Governo è impegnato a promuovere “congrui ristori” per le attività colpite. Ma la bussola nella scrittura del nuovo Dpcm sarà “il principio di tutela e salvaguardia del diritto fondamentale alla salute”. In Gazzetta Ufficiale, intanto, è stato pubblicato il decreto legge che proroga il divieto di spostamenti tra le regioni fino al 27 marzo, consentendo comunque “il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione”. Oggi Speranza e la ministra degli Affari regionali Mariastella Gelmini si confronteranno con Regioni, Province e Comuni sulle nuove misure da adottare; la riunione arriva a poche ore dalla sentenza con cui la Corte Costituzionale, accogliendo il ricorso del governo contro la legge anti Dcpm della Valle d'Aosta, ha stabilito che spetta allo Stato, non alle Regioni, determinare le misure necessarie al contrasto della pandemia. (Speciale Coronavirus) 

Tensioni nel Pd. I Sindaci all'attacco su Zingaretti e alleanza M5S e Leu

Il tema della strategia per la graduale riapertura delle attività economiche e culturali entra nel dibattito precongressuale del Pd, con il capogruppo Dem al Senato Andrea Marcucci che appoggia la linea del governatore emiliano Stefano Bonaccini. Nel dibattito si delinea un fronte dei Sindaci che mettono in discussione l'attuale strategia incentrata sull'alleanza con M5S e Leu e rilanciano la vocazione maggioritaria. Ma gli esponenti più vicini a Nicola Zingaretti non ci stanno a prendere lezioni dagli ex renziani e ricordano il misero 18% del Pd delle elezioni del 2018. Dopo le polemiche nei suoi riguardi di martedì, Stefano Bonaccini ha rivendicato le proprie parole in favore di una graduale riapertura delle attività economiche, rilanciate sui social da Matteo Salvini. Bonaccini ha sottolineato che a fianco delle critiche ha ricevuto “molti messaggi di persone” che gli hanno detto "hai fatto bene". Con lui il capogruppo al Senato Andrea Marcucci: “Sulle riaperture, il punto non è dare ragione a Salvini, ma tenere insieme l'esigenza di sicurezza dei cittadini con la tutela delle attività economiche”. Il ragionamento di Bonaccini è che se si è sicuri della propria identità, non si deve temere un dialogo con l'avversario politico e ciò inserisce il tema del profilo del partito nel dibattito precongressuale. 

Su questo filone riformista si sono inseriti gli interventi di tre sindaci, Giorgio Gori di Bergamo, Dario Nardella di Firenze e Antonio Decaro di Bari, con critiche all'attuale conduzione del Pd. L'indicazione di Conte come riferimento, ha detto Gori, “è parsa una manifestazione di debolezza, così come il costante, ossessivo insistere sull'alleanza con 5 Stelle e Leu”, anche perché quella dei pentastellati “è una esperienza politica in declino”. Dario Nardella ha invitato a “recuperare quello schema bipolare di due grandi schieramenti che si contrappongono ed il Pd deve essere la guida forte, autorevole, indiscussa del campo democratico del centrosinistra”. Per Decaro, invece, “il partito è ostaggio delle correnti” mentre occorre “che siano ascoltati gli amministratori locali”. Quindi “o si mette mano adesso all’identità del Pd o rischiamo fra un anno o due di non trovarlo più”. Non le manda a dire Marco Miccoli, uno dei dirigenti più vicini a Zingaretti: “Caro Gori, errare è umano, perseverare è diabolico. Alla follia del 2018 non si deve tornare. Serve un grande Pd e un credibile sistema di alleanze”, altro che il “settarismo e isolamento” del 2018. Sulla stessa lunghezza d'onda Anna Rossomando, vicina ad Andrea Orlando: “Il Pd di cui fantastica oggi Giorgio Gori non ha né ambizioni, né vocazioni particolari, ma il torcicollo. È il Pd del 2018: sconfitto, isolato, ininfluente, al minimo storico dei consensi”. Le due impostazioni, quelle dei sindaci e dell'area riformista da una parte e quella dei sostenitori della segreteria, almeno per ora non trovano un terreno di confronto, tuttavia Marcucci, auspicando che all'Assemblea nazionale del 13 marzo si cominci a parlare di congresso, invita a “non demonizzare il dibattito interno” sicuro che “alla fine si troveranno punti d’intesa molto onorevoli” anche se per lui la stella polare rimane “lo spirito del Lingotto”.

Al Senato

L’Assemblea del Senato tornerà a riunirsi alle 9.30 per la discussione del cosiddetto decreto proroga termini. Per quanto riguarda le Commissioni, la Affari Costituzionali concluderà l’esame del decreto milleproroghe. La Istruzione svolgerà diverse audizioni sull’affare assegnato relativo alla salvaguardia e tutela di piazza San Marco a Venezia. La Agricoltura svolgerà delle audizioni sul disegno di legge per la definizione della disciplina del settore florovivaistico.

Alla Camera

Nella giornata di oggi l’Aula della Camera non si riunirà. I lavori dell’Assemblea di Montecitorio riprenderanno mercoledì della settimana prossima con la discussione delle interrogazioni a risposta immediata. Anche le Commissioni oggi non si riuniranno.  



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