Conte e Gualtieri al lavoro sulla manovra. Ipotesi card unica e sconti Iva

Per la lotta all'evasione lanciata dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte prende forma l'idea, lanciata dal sottosegretario al Mef Alessio Villarosa, di una card unica in cui raccogliere i documenti identificativi dei singoli cittadini e che contemporaneamente funga anche da card prepagata con cui effettuare pagamenti e ricevere i bonus previsti per stimolare l'uso della moneta elettronica: una sorta di Postepay, ma che sia anche carta d’identità, codice fiscale, tessera sanitaria. Il paragone con la carta di pagamento di Poste non è casuale perché il governo ha già avviato una collaborazione con l'azienda per il reddito di cittadinanza e il premier ha visto in mattinata l'Ad Matteo Del Fante per ragionare sulla fattibilità dell'operazione, anche dal punto di vista del rispetto delle norme sulla privacy. 

Di questo e di altro il premier ha poi parlato nel lungo incontro con il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri: i due si sono riuniti dopo il Cdm fino alla serata per fare il punto sulla situazione, anche perché i tempi stringono e lunedì il Governo dovrà approvare la nota di aggiornamento al Def, che costituisce l'ossatura della manovra. E se le stime aggiornate su crescita e debito sono tutt'altro che favorevoli, con margini ancora più stretti del previsto, le misure da adottare vanno attuate con estrema precisione. Il Governo punta moltissimo sul piano anti-evasione, che dovrebbe finire in un decreto fiscale, per aggredire il problema e incrementare il gettito nelle casse statali. Uno dei punti principali riguarda lo scoraggiare il nero incentivando l'uso di moneta elettronica, ecco perché si lavora a un accordo con l'Abi per ridurre costi e commissioni dei pagamenti con le carte. 

L’obiettivo prioritario del Governo è di evitare che scatti l’aumento dell’Iva e per questo servono 23 miliardi, una somma consistente sulla quale l’esecutivo sta lavorando. Al momento l'idea di aumenti selettivi dell'Iva comunque non è stata abbandonata: è un'opzione come tante altre allo studio dei tecnici del Mef e del resto già l'ex ministro gialloverde Giovanni Tria l'aveva caldeggiata, ottenendo però un secco no del duo Di Maio-Salvini. Al momento sembra difficile che possano essere toccati quota 100 e reddito di cittadinanza; per recuperare fondi si punta ancora al riordino delle tax expenditures, a un'estensione della fatturazione elettronica, mentre resta la flat tax per le partite Iva fino a 65mila euro ma senza l'estensione fino a 100mila prevista in origine.  

Di Maio rilancia vincolo mandato dopo addio Vono. Il Pd frena

Gelsomina Vono dice addio al Movimento 5Stelle e non sarà l'ultima, stando ai rumors di palazzo Madama. Matteo Renzi accoglie nella sua Italia Viva la senatrice pentastellata ed è la numero 16 in un gruppo nato solo una settimana fa: un altro colpo alla leadership di Luigi Di Maio che proprio in Senato è stata messa in discussione con un documento che, se non richiedeva un passo indietro dell'ex vice premier, ne metteva in luce le difficoltà a tenere uniti i gruppi parlamentari. Proprio per frenare l'emorragia il capo politico rispolvera uno dei cavalli di battaglia del Movimento: “Uno dei miei senatori è passato a Renzi? Ne parlerò con il Pd, dobbiamo mettere fine a questo mercato delle vacche, sia dei parlamentari che passano ad altri gruppi, sia ai gruppi che ce li fanno entrare. È il momento di introdurre il vincolo di mandato”. 

L'idea ovviamente fa esplodere un turbinio di critiche, soprattutto tra gli alleati del governo giallorosso. “Mi auguro che Di Maio avesse voglia di scherzare” dice il capogruppo a palazzo Madama Andrea Marcucci. Anche da Italia Viva si alzano le barricate, con Ettore Rosato che avverte: “Eviterei di fare del male alla nostra Costituzione”. I gruppi del M5S sono in fermento in entrambi i rami del Parlamento e l'ipotesi che ci siano altre fughe è più che accreditata: s parla di un'altra imminente proprio in Senato e di numerose alla Camera, dove la sirena ammaliatrice per i 5Stelle scontenti potrebbe essere proprio la Lega. Matteo Salvini non si tira di certo indietro in questa partita, anche quando Di Maio lo accusa di fare “campagna acquisti come faceva Berlusconi con De Gregorio”; la replica del leader del Carroccio non si fa attendere: “Non vado a cercare nessuno, men che meno a comprare nessuno”. 

La situazione sembra sul punto di sfuggire di mano al ministro degli Esteri che da New York, in missione per l'Assemblea delle Nazioni Unite, cerca in tutti i modi fermare la Vono e nello stesso tempo di mandare un avvertimento a chi è sul ciglio della porta del Movimento, con piede dentro e uno fuori. E a fine giornata alza la posta: “A chi se n'è andato chiederò 100mila euro di danno di immagine”. 

Renzi e Salvini uno contro l’altro a Porta a Porta il 15 ottobre 

Martedì 15 ottobre, Matteo Renzi e Matteo Salvini si sfideranno nel salotto di Porta a Porta per quello che potrebbe diventare in un futuro non troppo lontano lo scontro per la premiership dell'Italia. Finora i due Matteo si sono scontrati sempre a distanza. Le ultime volte sono state in Senato, prima e durante il burrascoso agosto che ha portato alla crisi di governo, e poi durante il dibattito sulla fiducia al Conte bis, nato grazie alla nuova maggioranza M5S-Pd. In un mese la geografia politica è cambiata, Salvini non è più al Viminale e fa il segretario della Lega a tutto tondo, mentre lo sfidante ha lasciato i dem per fondare il suo partito, Italia Viva, che nella fase iniziale ha bisogno come il pane di visibilità. 

Dal confronto televisivo, dunque, è Renzi quello che ha tutto da guadagnare e il leader del Carroccio tutto da perdere, in base alla regola aurea della comunicazione, secondo cui chi è in vantaggio nei sondaggi deve evitare di incrociare direttamente gli avversari. La distanza tra i due è evidenziata da tutti i sondaggi, come quello di Emg Acqua per Agorà (Rai3), secondo cui Matteo Salvini è il leader che riscuote maggiore fiducia in Italia con il 40%, mentre Matteo Renzi è penultimo (16%), dopo Silvio Berlusconi, in coabitazione con Carlo Calenda, e davanti al solo Giovanni Toti al (14%).

Orfini rilancia lo Ius soli. Salvini promette opposizione totale

L'ala sinistra del Partito Democratico torna a chiedere lo Ius soli. A lanciare il sasso è il deputato ed ex presidente del partito Matteo Orfini, con un messaggio sui social con due destinatari chiarissimi: il Movimento 5 Stelle ma anche soprattutto i vertici del Nazareno. “Ma se dicessimo: va bene, la prossima settimana si fa il taglio dei parlamentari (definendo con quale nuova legge elettorale). Ma quella dopo, cari alleati, con la stessa urgenza e la stessa enfasi facciamo lo Ius soli”. Il parlamentare dem ha voluto riattivare un dibattito che, causa l'alleanza giallo-verde nel primo anno di legislatura, e la stabilità di governo in questa fase iniziale di cambiamento della maggioranza, sembrava essere finito nel cassetto.  

La proposta è di offrire una sorta di scambio ai nuovi partner: il “tagliapoltrone” per le modifiche alle regole sulla cittadinanza. L'appello è però caduto nel vuoto, sia in casa Cinque Stelle che nel quartier generale dei dem. Il tema è di quelli scottanti e al momento nessuno, né Nicola Zingaretti né tanto meno Luigi Di Maio, possono garantire che esistano condizioni e sensibilità così ampie in Parlamento da permettere un percorso tranquillo alla norma. Di contro, dall'opposizione arrivano forti critiche, in primis da Matteo Salvini, che su Twitter attacca duramente: “Se pensano di regalare la cittadinanza per tenere in piedi il Governo abusivo dei traditori e dei poltronari hanno sbagliato di grosso, troveranno l'opposizione totale della Lega e della maggioranza degli italiani”. Una posizione condivisa anche dagli altri partiti del centrodestra

 

 



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