Draghi incassa intesa unanime sulla riforma del processo penale 

Al termine di una lunghissima giornata di trattative, stop and go e minacce di far saltare il banco, arriva in extremis l'accordo sulla riforma del processo penale. Il premier Mario Draghi, in stretto raccordo con Marta Cartabia, ha cercato fino all'ultimo l'intesa, mettendo in campo una mediazione tra le varie posizioni e i veti incrociati delle forze politiche che in alcuni momenti hanno rischiato di bloccare la riforma. Ma la linea del premier non ha mai derogato dalla ribadita necessità di approvare almeno in prima lettura il ddl penale prima della pausa estiva, una garanzia data a Bruxelles nell'ambito delle scadenze del Pnrr, chiedendo responsabilità e un piccolo passo indietro a tutti i protagonisti ma appunto rimarcando che l'impegno andava mantenuto. E di fatti, mentre la trattativa sembrava essersi impantanata, alla Camera già s’ipotizzavano le due opzioni in campo: riforma in Aula con accordo politico blindato, o riforma in Aula, nel testo originario del ddl Bonafede, senza intesa e con un emendamento del Governo contenente le prime modifiche a firma Cartabia, e chi ci sta ci sta. Poi lo sblocco dell'impasse grazie ad un accordo per l’esclusione dal meccanismo dell’improcedibilità dei reati di mafia e terrorismo, e l’ideazione di un regime speciale per quelli con aggravante mafiosa. 

Più volte rinviato e sospeso, dunque, il Cdm ha alla fine dato il via libera unanime alle modifiche da apportare al testo del provvedimento con il placet del M5S. Del resto, fino a poco prima del via libera in Cdm, dai 5 stelle filtrava insoddisfazione per i contenuti della prima bozza di modifica e già c'era chi ipotizzava l'astensione in Cdm e non veniva esclusa nemmeno in Aula, dove il Governo resta intenzionato a porre la fiducia. Grazie l’accordo oggi la Commissione Giustizia della Camera proseguirà l’esame del provvedimento così da poterlo inviare in Aula lunedì prossimo alle 14.00. La sera stessa il Governo dovrebbe porre la questione di fiducia, per votarla lunedì sera. Poi martedì il voto finale sul provvedimento. La lunga giornata di trattativa si conclude con i vari partiti che rivendicano la vittoria sull'intesa raggiunta e il ruolo determinante nella mediazione. 

Rallenta il cammino delle riforme, rinviate a settembre fisco e concorrenza

Sono le distanze tra i partiti, oltre ai motivi di calendario, a far segnare il primo rallentamento nell'agenda delle riforme di Mario Draghi e così fisco e concorrenza non arriveranno entro la fine di luglio, se ne riparlerà a settembre. Il premier decide di far calmare le acque dopo lo scontro sulla giustizia e rinvia a dopo la pausa estiva due dei provvedimenti chiave legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza per il quale si attende, nei prossimi giorni, l'arrivo della prima tranche da 25 miliardi. Si tratta di una scelta “coerente” con la road map indicata nel Piano, minimizzano da Palazzo Chigi, nelle ore in cui infuria la lotta tra i partiti sulla prescrizione. L'Italia però si era impegnata formalmente con la Commissione Europea a presentare alle Camere le due riforme entro il 31 luglio, secondo un preciso cronoprogramma indicato nel Pnrr. Ma si tratta di riforme complesse, e poi il Parlamento è “intasato” da molti decreti, ribadisce la sottosegretaria al Mef Maria Cecilia Guerra assicurando che si tratta solo di prendersi “qualche settimana in più”, e fare “qualche meditazione” aggiuntiva. Entrambi i provvedimenti sono attesi da anni (l'unico e ultimo ddl sulla concorrenza è del 2017) ma su entrambi le intese tra le forze della maggioranza sono ancora tutte da costruire. 

Il ddl sulla concorrenza andrà a toccare alcuni settori sensibili, come le concessioni per le dighe, che interessa in particolare le Regioni del nord a guida leghista, ma anche i criteri per l'assegnazione dei servizi pubblici locali che troppo spesso le Amministrazioni preferiscono gestire in-house anziché mettere a gara. Per la riforma del fisco il nodo principale sono le risorse: una base condivisa sarebbe anche stata individuata dai partiti, attraverso un documento delle commissioni Finanze di Camera e Senato che però, osserva Guerra parlando a Class Cnbc, contiene “quasi tutte richieste di riduzione” del carico fiscale che “secondo le mie valutazioni potrebbero costare tra i 40 e i 60 miliardi”. Sul tavolo invece per il momento ce ne sono appena 2-3, stanziati con l'ultima manovra appositamente per la riforma del fisco, tanto che il ministro Daniele Franco ha già delineato una riforma “graduale” da attuare via via che si renderanno disponibili le risorse. Sulle priorità, superamento dell'Irap, calo dell'Irpef, intervento sul ceto medio (tra i 28mila e i 55mila euro di reddito), tutta la maggioranza converge, ma i fondi non bastano e c’è chi, Iv in testa, spinge per iniziare con l'assorbimento dell'Irap nell'Ires, sfruttando quei 3 miliardi per cancellare l'imposta per le imprese individuali e i professionisti, o chi, come il Pd preferirebbe insistere sul cuneo. Il budget sarebbe comunque insufficiente per un intervento incisivo tanto che si fa strada l'idea di far scattare le novità dalla metà dell'anno, sulla falsariga di quanto già successo sempre con il cuneo fiscale o anche con l'assegno unico per le famiglie con figli. 

Draghi apre il G20 sulla Cultura: la cultura è cruciale per la ripartenza

Lo scenario dell'arena del Colosseo e poi il concerto dell'Orchestra Giovanile Luigi Cherubini diretta da Riccardo Muti al Quirinale hanno fatto da cornice alla prima Ministeriale della Cultura nella storia del G20 aperta dal premier Mario Draghi e dal ministro Dario Franceschini alla presenza dei colleghi delle 20 maggiori economie mondiali e di oltre 40 delegazioni. “Il sostegno alla cultura è cruciale per la ripartenza del Paese” ha detto il premier non nascondendo il grande orgoglio “che questo debutto avvenga in Italia” e citando anche il gran bel record di 58 siti sul suolo italiano considerati patrimonio dell'Unesco. Per Draghi “storia e bellezza sono parti integranti dell'essere italiani. Quando il mondo ci guarda, vede prima di tutto arte, musica e letteratura. Voglio quindi ringraziare chi lavora nei nostri teatri, nelle nostre biblioteche e nei nostri musei. Perché la riscoperta del passato è condizione necessaria per la creazione del futuro”. 

Ma la conservazione del patrimonio, secondo Draghi, “non deve essere sinonimo di immobilismo. È per questo che agli investimenti associamo un programma di riforme e semplificazioni”. Il premier ha ricordato anche che “il settore dei viaggi e del turismo vale il 13% del pil e impiega in maniera diretta o indiretta tre milioni e mezzo di persone; nel Pnrr approvato dall'UE investiamo in queste attività quasi 7 miliardi di euro”; anche che la tutela del patrimonio “richiede anche maggiore sostenibilità ambientale”: in Italia, più di dieci siti patrimonio dell’umanità sono in pericolo per l'innalzamento del livello del mare e “Il rischio di alluvioni minaccia tra il 15 e il 20% dei beni culturali del nostro Paese. Dobbiamo agire subito”. “Il nostro patrimonio culturale è il frutto dell'immaginazione dei nostri antenati. Quello dei nostri nipoti dipende da cosa sapremo fare noi. Questo G20 e la sua Dichiarazione finale mi rendono ottimista sulla nostra capacità di coniugare memoria e visione”. '' 

Le Regioni chiedono un alleggerimento del Green Pass e più dosi di vaccino

A poco meno di una settimana dall'entrata in vigore del Green Pass, le Regioni provano a mediare con il Governo per un alleggerimento delle misure proposte. E, contemporaneamente, chiedono un aumento delle dosi di vaccino in modo da poter raggiungere quanto prima la tanto attesa immunità di gregge. Nel frattempo ci si prepara ad affrontare tre temi ritenuti fondamentali nei prossimi mesi: scuola, trasporti e lavoro. Per questo il Ministero dell'Istruzione ha preparato il piano 2021/22 che inizialmente sarebbe dovuto essere presentato oggi in Conferenza unificata e che, invece, è slittato alla prossima settimana. Due le parole d'ordine: lezioni in presenza e adesione alla campagna vaccinale. Particolare attenzione anche alle proteste anti-Green Pass che si moltiplicano in tutta Italia; il corteo di manifestanti no-vax di mercoledì sotto la casa del sindaco di Pesaro Matteo Ricci ha ricevuto condanne bipartisan, con il primo cittadino tornato a ribadire che “vaccinarsi è un dovere”. E proprio il Green Pass è al centro del confronto tra Governo ed Enti locali: le Regioni, tramite il governatore della Toscana Eugenio Giani, fanno sapere di essere in contatto con Palazzo Chigi per “un alleggerimento delle misure” ma c’è chi, come il presidente della Liguria Giovanni Toti, ammette di non avere alcuno scrupolo, in caso di necessità, a chiedere il certificato verde “per ogni luogo di questo Paese, trasporto, lavoro e scuola”. Stefano Bonaccini, propone invece di estendere il Pass anche alle discoteche e sale da ballo. 

Al momento, ha annunciato il ministro della Salute Roberto Speranza, i Green Pass scaricati sono 41,3 milioni, con una crescita di 1,2 milioni al giorno. Sul tavolo c’è anche la questione degli italiani all'estero, vaccinati con sieri non riconosciuti dall'Ema e quindi impossibilitati a ricevere il certificato verde. Un primo in tal senso passo è arrivato in serata, con l'ordinanza firmata da Speranza con la quale vengono riconosciuti i certificati vaccinali e di guarigione dalla Gran Bretagna. Decisioni simili potrebbero dunque arrivare anche per altri Paesi, come la Russia. Intanto, con altre due ordinanze, il ministro ha prorogato il divieto di ingresso in Italia da India, Bangladesh, Sri Lanka e Brasile e la quarantena di 10 giorni per chi arriva da Paesi extraeuropei fatta eccezione per quelli della lista raccomandata dall'Unione Europea per i quali la quarantena è ridotta a 5 giorni. Per i Paesi europei e dell'area Schenghen, oltre che per Canada, Giappone, e Stati Uniti, è prorogato il regime di ingresso con i requisiti della certificazione verde. 



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