Il centrosinistra vince il secondo turno delle amministrative. Caos centrodestra

Domenica 26 giugno si è tenuto il secondo turno delle elezioni amministrative. Un voto contraddistinto da un’astensione significativa. I cittadini che si sono recati ai seggi sono stati il 42,2% rispetto al 54,1% del primo turno. Ma al di là dei dati sull’affluenza, non ci sono dubbi che il centrosinistra sia il vincitore di questa tornata. Le divisioni interne al centrodestra, specie a livello locale, hanno dato un contribuito decisivo e di sicuro dovranno essere prese con grande serietà da Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi in vista delle regionali in Sicilia di questo autunno e soprattutto delle elezioni politiche della prossima primavera. In questo secondo turno, erano 12 i capoluoghi al voto. Di questi, 6 sono stati conquistati dal centrosinistra, 4 dal centrodestra e 2 da civici. La vittoria più eclatante è stata quella di Damiano Tommasi (53,4%) Verona, città considerata un fortino del centrodestra, che è passata al centrosinistra grazie ad una profonda frattura fra i partiti del centrodestra nell’appoggio al sindaco uscente Federico Sboarina. A Catanzaro, invece, è avvenuto un ribaltone inaspettato, dal momento che a vincere è stato Nicola Fiorita (Csx) con il 58,2% contro Valerio Donato (Cdx) che si è fermato al 41,8%.

Il campo largo ha portato alla riconquista di Piacenza con Katia Tarasconi (53,5%), Parma con Michele Guerra (62,2%) e Alessandria con Giorgio Abonante (54,4%), alla riconferma di Cuneo con Patrizia Manassero (53,3%) e alla vittoria a Monza con Paolo Pilotto (51,2%). Il centrodestra conquista, invece, Gorizia con Rodolfo Ziberna (52,2%), Frosinone con Riccardo Mastrangeli (52,3%), Barletta dove vince Cosimo Cannito (65%) e Lucca dove Mario Pardini (51%) vince sul filo di lana. Due comuni sono stati vinti da liste civicheComo con Alessandro Rapinese (54,4%) e Viterbo con Chiara Frontini (64,9%). Facendo un bilancio tra primo e secondo turno, nei capoluoghi di regione il centrodestra ottiene 3 sindaci, il centrosinistra 1. Nei capoluoghi di provincia il centrodestra ha ottenuto 10 sindaci, il centrosinistra 9, le liste civiche 3. La situazione di partenza nei comuni capoluogo vedeva il centrodestra con 17 sindaci, il centrosinistra 5, il centro con un sindaco e 2 ciascuno per le civiche di centrodestra e centrosinistra. Il centrodestra conquista Palermo, Lucca, Belluno, Barletta e conferma i comuni di GenovaL'Aquila, La Spezia, Pistoia, Asti, Rieti, Frosinone, Oristano, Gorizia. Il centrosinistra strappa quelli di Catanzaro, Lodi, Alessandria, Parma, Piacenza, Verona, Monza e conferma i comuni di Padova, Taranto e Cuneo. Le liste civiche conquistano dal centrodestra i sindaci di Como e Viterbo e i centristi tengono Messina. (Leggi lo speciale di Nomos)

Dopo i ballottaggi nel centrodestra è tutti contro tutti. Per ora nessun vertice

Nel centrodestra, il giorno successivo ai ballottaggi, è tutti contro tutti. Il vertice di coalizione proposto da Giorgia Meloni non sembra all'orizzonte. Accuse reciproche su Verona, con FI che sottolinea la necessità di “candidature moderate”, la Lega che sottolinea l'errore di “non aprirsi ad altre energie” e FdI che ribatte sostenendo che “la candidatura sbagliata era quella di Tosi”, accusando anche Matteo Salvini per l'intervista a La Stampa di domenica mattina, a urne aperte, contro Sboarina. E poi partono le bordate contro gli alleati: “Tutti parlano di Verona, ma di Catanzaro che dicono? E poi, ad Alessandria, città del capogruppo leghista Molinari, chi ha perso?”. Anche Salvini accusa: “Non è possibile perdere in città importanti perché il centrodestra si divide e sceglie di non allargarsi e di includere altre forze ed energie, per paura, per calcolo e per interessi di parte”. Berlusconi, che assiste da mesi alla competizione tra Meloni e Salvini, si limita a fare riferimento alle “divisioni che allontanano gli elettori”, ma rivendica l'importanza di candidati moderati e si propone come ispiratore di una rinnovata intesa. 

Il G7 è un successo, Draghi è soddisfatto. Scintille con Mosca sul G20

Il G7 di Elmau si è concluso all'insegna dell'unità e del sostegno a Kiev e il Cremlino apre il caso G20. Nei giorni scorsi il Governo di Mosca aveva assicurato la presenza di Vladimir Putin al summit che si terrà in Indonesia a metà ottobre. Joko Widodo, presidente indonesiano presente al vertice, la esclude categoricamente, come riporta Mario Draghi. La notizia scatena la reazione di Mosca. Vladimir Putin ha “ricevuto l'invito per il vertice del G20”, “non è il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi a decidere sulla sua partecipazione al vertice”, replica Yuri Ushakov. I grandi hanno espresso la volontà di valutare urgentemente il price cap sull'energia proveniente da Mosca come strumento contro l'aumento dei prezzi. Gas e petrolio dovranno avere un costo limitato per arrivare ai Paesi G7, questa è l'ipotesi che verrà sottoposta a uno studio di fattibilità dei ministri dell'energia. Non finanziare la guerra e ridurre l'inflazione. Il premier italiano è soddisfatto, si augura di ottenere un risultato dalla Commissione Ue prima del Consiglio europeo di ottobre, ma non azzarda a dirsi ottimista. Passi in avanti si registrano anche sul fronte grano: “molti pensavano che fosse necessario sminare porti e invece ieri Guterres ci ha detto che ci sono corridoi sicuri per far passare le navi e questo vuol dire guadagnare da due settimane a un mese. Quello che tutti stanno aspettando è il sì finale del Cremlino”, racconta Draghi. 

La Nato pronta a un cambio di passo. Pronta l’adesione di Svezia e Finlandia

A dodici anni dall'ultimo Concetto Strategico i leader della Nato approvano un nuovo manifesto che ne stabilisce il ruolo nel panorama globale. La spinta più forte arriva da Joe Biden che annuncia un aumento delle forze americane in Europa, tra cui quelle in Italia. “Si tratta di 70 militari americani in più e un sistema di difesa anti aerea”, ha rivelato il premier Mario Draghi, spiegando che è “un assestamento già in programma”. Gli Usa implementeranno anche un sistema di difesa aerea che andrà a rinforzare il fianco orientale dell'Alleanza. Al momento “non c'è il rischio escalation, ma bisogna essere pronti”, ha rimarcato Draghi, mentre l'Italia si prepara con uno schieramento di quasi 10mila unità, come confermato dal presidente del Consiglio: “Abbiamo assunto il comando Nato in Bulgaria, aiutiamo anche la Romania e c'è un pattugliamento aereo dei Baltici in corso già da vari mesi. Le forze mandate in Bulgaria e in Ungheria saranno circa 2mila soldati, 8mila sono invece di stanza in Italia”. Dopo l'accordo con la Turchia, i leader della Nato hanno dato il via libera all'adesione di Svezia e Finlandia. In molti però si interrogano sul pegno che si è pagato ad Ankara. Erdogan ha chiesto a Svezia e Finlandia l'estradizione di 33 militanti, 17 del Partito dei lavoratori del Kurdistan e 16 dell'organizzazione di Feto, considerate entrambe dalla Turchia organizzazioni terroristiche. Il premier Draghi interrogato sul tema ha invitato i giornalisti a rivolgere queste domande alle parti svedese e finlandese. 

Grillo vede Conte, stoppa le deroghe ai due mandati e sostiene Draghi

Martedì, Beppe Grillo arriva a Roma e mette subito in chiaro qual è la sua posizione su limite dei due mandati e appoggio al governo Draghi. Il garante parla subito con Giuseppe Conte con l'obiettivo annunciato del fondatore di fare squadra e condividere i prossimi passi per rilanciare il Movimento. A seguire apre la girandola d’incontri con i parlamentari, suddivisi per commissioni di appartenenza, ai quali Grillo avrebbe assicurato che sarà sempre più operativo sulla comunicazione, avrà un maggior ruolo e verrà più spesso a Roma, e che il suo blog è “a disposizione per comunicare meglio”. Poi arrivano le prese di posizione che tutti aspettano: “Nessuna deroga al limite dei due mandati”, avrebbe detto il garante M5S, “se ci credete dovete farlo fino in fondo, e io non abbandono nessuno”, parole che vengono lette come la possibilità di recuperare l'esperienza di chi è già al secondo mandato in altri ruoli interni alla nuova organizzazione del Movimento. Sul governo Draghi Grillo sarebbe stato netto: il M5S manterrà l'impegno e non uscirà dalla maggioranza e “continuerà a sostenere l'esecutivo”. 

Senza il M5S l’esecutivo potrebbe comunque governare

Con o senza il M5S, il governo di Draghi resta in piedi. I numeri di Camera e Senato parlano chiaro: la scissione di Luigi Di Maio e la nascita di Insieme per il futuro hanno messo in sicurezza l'esecutivo. Resta il fatto che, nonostante i numeri ci siano, il Senato sarebbe il ramo del Parlamento più debole. Le forze che sostengono l'esecutivo potrebbero contare su 210 senatori (272 con i 5Stelle), superando, non di moltissimo, la maggioranza assoluta di 161. Alla Camera invece si supererebbe di gran lunga la soglia di sicurezza con una quota di maggioranza assoluta di 316 deputati. Poco o nulla cambierebbe dunque nel pallottoliere della politica, se non fosse che, con lo strappo dei 5Stelle, il premier Mario Draghi sarebbe costretto al rimpasto, negato con la nascita di Ipf. 

Ira di Conte su Draghi: grave chiedere a Grillo di rimuovermi

Tutto parte da un'intervista rilasciata dal sociologo Domenico De Masi, vicino al M5S: “Beppe Grillo mi ha raccontato che Mario Draghi gli ha chiesto di rimuovere Giuseppe Conte” dal M5S, “perché inadeguato”, rivela, dando il via a una reazione a catena. Conte infatti va subito all'attacco, precisando che “Grillo mi aveva riferito di queste telefonate” e giudicando “sinceramente grave che un premier tecnico, che ha avuto da noi fin dall'inizio l'investitura per formare un governo di unità nazionale, s’intrometta nella vita di forze politiche che lo sostengono”. Draghi si mostra invece conciliante: “Ci siamo parlati con Conte poco fa, l'avevo cercato stamattina, mi ha richiamato lui: abbiamo cominciato a chiarirci”. Tutti assicurano che il Governo non rischia, ma il gelo rimane e i venti di crisi pure: in serata il leader pentastellato è salito al Quirinale per oltre un'ora di colloquio con il capo dello Stato Sergio Mattarella, da cui trapela che non si è parlato di uscita dall'esecutivo. Mario Draghi ha anticipato il suo rientro a Roma, lasciando il ministro Lorenzo Guerini a continuare il summit Nato, ufficialmente per presiedere il Cdm convocato per esaminare, tra l'altro, i provvedimenti in materia di caro bollette e assestamento di bilancio. 

Tra Draghi e Conte è tregua armata. Per il Premier non c’è governo senza M5S

Sergio Mattarella è riuscito a rasserenare gli animi anche se tra Conte e Draghi resta ancora il gelo. Il presidente del Consiglio ha riconosciuto come “fondamentale” l'apporto del M5S all'esecutivo e ha sottolineato di essere ora in contatto con Conte e non con Grillo ma ha anche messo in chiaro che un eventuale appoggio esterno dei pentastellati porterebbe alla fine dell'esecutivo e che lui non sarà premier con un'altra maggioranza. Insomma, chi dovesse staccare la spina porterebbe il Paese alle urne. Il premier, per il momento, non vede questi segnali anche se non nasconde una certa preoccupazione e amarezza, perché nel momento in cui l’Italia ottiene risultati a livello internazionale, dal Consiglio europeo al G7 e al vertice Nato, a continuare a far rumore sono le parole del sociologo De Masi sul suo presunto tentativo di far fuori Conte dalla guida del Movimento. Il premier nega, dice di voler vedere i messaggi che lo coinvolgono, ribadisce di non essersi mai intromesso nelle dinamiche interne e ricorda come la nascita del Governo sia stata legata alla partecipazione M5S. Nel M5S la spinta per l’uscita dalla maggioranza è forte anche se le motivazioni sono più di natura politica e legate alla perdita del consenso che a questioni specifiche.

È tensione sullo ius scholae. Letta: non arretriamo di un millimetro

Slitta l'esame della proposta di legge sulla cittadinanza alla Camera ma non si placa lo scontro politico. Un pit stop tecnico che consentirebbe di mantenere la pdl nel calendario di luglio.  Nessun “cedimento”, dunque, rispetto alla richiesta della Lega di bloccare l'iter parlamentare del provvedimento, con Matteo Salvini che ha minacciato la tenuta della maggioranza in caso di forzature da parte di Pd e M5S. A rimarcarlo è direttamente Enrico Letta: “sullo ius scholae non arretriamo di un millimetro. Non accettiamo ricatti sulla pelle dei ragazzi e delle loro famiglie”. Per Letta, l'estensione della cittadinanza non è infatti “solo una concessione di un diritto ma una legge di interesse nazionale”, perché “il futuro del Paese passa dall'integrazione”. Immediata la replica della Lega: “Spiace che il Pd, che una volta rappresentava i lavoratori, adesso abbia come priorità droga e immigrati. Le minacce di Letta? Non spaventano nessuno, Enrico stia sereno”, ha replicato il Carroccio, intenzionato a dar battaglia in Aula con 1500 emendamenti. Da FdI Giorgia Meloni tuona: “Io razzista? Allora voi governate con dei razzisti pur di mantenere la poltrona”. Favorevole al rinvio del testo anche il capogruppo di Forza Italia Paolo Barelli

Il governo approva il nuovo decreto taglia-bollette

Approvata la nuova misura in previsione dei rincari per luce e gas, il governo ha varato un nuovo decreto taglia-bollette da tre miliardi di euro per dare ossigeno a famiglie e imprese. “Sono stati approvati provvedimenti urgenti per sostenere il potere di acquisto delle famiglie, abbattiamo l'Iva e rafforziamo il bonus sociale, interveniamo per incrementare lo stoccaggio di gas naturale e gli aiuti alle famiglie sulle bollette”, ha detto Draghi nella conferenza stampa dopo il Cdm, sottolineando che in assenza di questi interventi “ci sarebbe stato un disastro, con aumenti fino al 45%”. L'Arera sta facendo i conti per calcolare l'impatto dei nuovi prezzi sul mercato tutelato di luce e gas che scatteranno già oggi e renderà note le nuove tariffe. Nei giorni scorsi Nomisma energia ha stimato aumenti a due cifre per il terzo trimestre ma sono previsioni che non tengono conto delle nuove misure e bisognerà attendere i numeri aggiornati dell'Arera per avere certezze. 

Nel dettaglio, il Governo per ridurre gli aumenti ha annullato le aliquote relative agli oneri generali di sistema per le utenze domestiche e non domestiche in bassa tensione, oltre che per le utenze con potenza disponibile superiore a 16,5 kW. Si tratta in particolare delle piccole utenze. Sono state assoggettate all'Iva al 5% le somministrazioni di gas metano per usi civili e industriali e sono mantenute al livello del secondo trimestre le aliquote relative agli oneri generali di sistema per il gas. Inoltre, il decreto taglia-bollette estende il bonus sociale in favore dei clienti domestici economicamente svantaggiati e ai clienti domestici in gravi condizioni di salute anche per il primo trimestre 2022. Le soglie di reddito per accedere ai bonus sono 8 mila euro per il primo trimestre 2022, 12 mila per il secondo e il terzo. Tra gli altri provvedimenti c’è anche la concessione di un prestito da 4 miliardi al Gse per l'acquisto di gas naturale finalizzato agli stoccaggi.

I sondaggi della settimana

Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWGFratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma primo partito italiano con il 23,4%, sopravanzando di quasi due punti il Partito Democratico (21,6%)Inoltre, il distacco tra FdI e la terza forza politica nazionale (Lega) è di 8,7 punti. 

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Nell’area delle sinistre, i Verdi rimangono stabili (2,4%) mentre Sinistra Italiana e MDP Articolo Uno si attestano rispettivamente al 2,5% e al 2,6%. Nell’area centrista, l’alleanza tra Azione e +Europa rimane stabile (5,3%) così come Italia Viva (2,4%). In discesa il consenso del Movimento 5 Stelle che perde un punto attestandosi all’11,5%. Nell’area del centrodestra, la Lega perde circa mezzo punto percentuale (14,7%) mentre Forza Italia non fa registrare cambiamenti degni di nota (7,2%). Italexit di Gianluigi Paragone, infine, si attesta al 2,2%Insieme per il Futuro, il nuovo partito di Luigi Di Maio, ancora non è nei sondaggi ma lo sarà a partire dalla settimana prossima.

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Negli ultimi sondaggi, i partiti che appoggiano il Governo Draghi raccolgono il 65,3%, mentre il centrosinistra formato da PD, M5S e MDP raggiunge il 35,7%. La coalizione del centrodestra unito raggiunge il 45,3%; infine, il rassemblement dei partiti di centro (Azione Più Europa e IV) si attesta al 7,7% dei consensi.



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